Atti persecutori.

Ai fini della configurabilità del delitto di atti persecutori (stalking art. 612 bis c.p.) non si richiede l’accertamento di uno stato patologico ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori – nella specie costituiti da condotte di ripetuta molestia, con pedinamenti e comunque con l’imposizione della propria presenza, talvolta con l’accompagnamento di minacce gravi – abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima, considerato che la fattispecie incriminatrice non costituisce una duplicazione del reato di lesioni (art. 582 c.p.), il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica (Corte di Cassazione, sez. pen. 5^, sent. 28 novembre 2013, n° 20531).

Per quanto attiene il reato di cui all’art. 612 bis c.p., è sufficiente ad integrare l’elemento soggettivo il dolo generico, quindi la volontà di porre in essere le condotte di minaccia o di molestia, con la consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente necessari per l’integrazione della fattispecie legale, che risultano dimostrate proprio dalle modalità ripetute ed ossessive della condotta persecutoria compiuta dal ricorrente e delle conseguenze che ne sono derivate sullo stile di vita della persona offesa. Non occorre una rappresentazione anticipata del risultato finale, ma, piuttosto, la costante consapevolezza, nello sviluppo progressivo della situazione, dei precedenti attacchi e dell’apporto che ciascuno di essi arreca all’interesse protetto, insita nella perdurante aggressione da parte del ricorrente della sfera privata della persona offesa (Corte di Cassazione, sez. pen. 5^, sent. 10 giugno 2015, n° 35765).

Il reato di atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p. è reato abituale, a struttura causale con eventi alternativi di danno quali: il perdurante e grave stato di ansia o di paura, il fondato timore per la propria incolumità o quella di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero l’alterazione delle proprie abitudini di vita.